Storie delle famiglie
15/03/2022
Mamma Aurora e l’amicizia in Casa Ronald
Un periodo lungo e difficile
Mi chiamo Aurora, vengo da La Spezia e sono la mamma di Jacqueline. Da circa un anno la mia bimba è in cura al Meyer di Firenze. Quando ero incinta, il mio desiderio era quello di fare un parto in acqua; mi sono quindi informata in merito e, dopo aver trovato l’Ospedale Careggi di Firenze, ho deciso che la mia bimba sarebbe nata lì. Purtroppo, avevo il diabete gestazionale e quindi alla fine non ho potuto percorrere questa strada. È in quella occasione che i dottori hanno notato qualcosa di strano e mi hanno detto che avrebbero dovuto ricoverarmi perché Jacqueline era molto piccola e non capivano il perché: dovevano quindi farla nascere subito. Così, dopo un lunghissimo travaglio, il 31 luglio è nata la mia bimba. A tre settimane dalla nascita, Jacqueline è stata trasferita all’Ospedale Pediatrico Meyer e facendo tutti gli accertamenti hanno finalmente capito che non le si era formata l’epiglottide. Appena ha raggiunto il peso di 4 kg ha subito quindi il primo intervento durante il quale le hanno ricostruito l’epiglottide. Per i successivi 10 mesi ha dovuto tenere un sondino nasogastrico attraverso il quale si alimentava e che solo dopo un mese e mezzo di riabilitazione le è stato tolto: da quel momento, finalmente, Jacqueline ha iniziato a mangiare per bocca. Dopo qualche mese, però, siamo venuti di nuovo al Meyer per un controllo, e i medici si sono accorti che la bimba aveva due micro-fori in gola e quindi ha dovuto subire un altro intervento d’urgenza. Il periodo successivo è stato molto duro, e per i prossimi mesi abbiamo già in programma diversi controlli.
La forza dell’amicizia
Da quando la bimba è in cura a Firenze ho cambiato diverse strutture, ma poi finalmente sono arrivata a Casa Ronald Firenze, tramite le assistenti sociali del Meyer. Io passavo sempre davanti a questa casa senza sapere cosa fosse, né che proprio lì sarei poi stata ospite per tanto tempo. Quando sono arrivata ero da sola e non nascondo che è stato un po’ traumatico: all’inizio mi sentivo completamente spaesata, ma piano piano, facendo amicizia con le altre famiglie, con lo staff e con i volontari mi sono ambientata e mi sono trovata molto bene. Sicuramente quello che più di tutto porterò nel cuore saranno i rapporti umani che si sono creati in Casa Ronald: spesso qui ti capita di confidarti, confrontarti e sfogarti con le altre famiglie, siamo tutti sulla stessa barca e inevitabilmente ci si conforta a vicenda per le brutte notizie e si gioisce insieme per quelle belle. Questo sicuramente è una cosa che aiuta tantissimo, perché se non ci si sostiene l’uno con l’altro alla fine si affonda.
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