Notizie dalle case
22/11/2019
La giusta distanza non esiste
La giusta distanza non esiste
Nel lavoro di un operatore di una Casa Ronald, seppure abituato a controllare professionalmente i propri sentimenti, a porre tra sé e gli ospiti della Casa la “giusta distanza”, ci sono momenti in cui il cuore prende il sopravvento. Per prima cosa vorrei puntualizzare un aspetto quantitativo: gli operatori di una Casa passano con gli ospiti complessivamente più tempo che con le proprie famiglie. Questo porta a delle conseguenze.
L’emozione di ritrovarsi
Che ho capito giusto ieri sera, quando ha suonato il campanello e mi sono visto venire incontro Inga e Vasile, quest’ultimo con Elisei sulle spalle. Nel momento in cui Elisei mi ha teso le braccia perché lo prendessi, ho capito cosa si prova a rivedere un bimbo che ha passato un anno intero sotto i miei occhi, che ho visto crescere, stare male e poi meglio, fino a tornare a casa sua!
Una gioia condivisa
Io ricordo Inga e Vasile del tutto incapaci di comunicare con noi, con la barriera linguistica che sembrava insormontabile. E ricordo i miei e i loro sforzi di superarla. Ricordo l’altalena di speranze e preoccupazione nei loro sguardi. Mese dopo mese. Ricordo ogni piccolo aiuto che abbiamo potuto dar loro e la felicità provata, per loro, quando finalmente sono potuti tornare a casa. Ricordo questo e molto altro perché la meraviglia, l’incanto del mio lavoro, è provare queste emozioni, è avere la percezione di poter fare qualcosa di concreto per chi ne ha bisogno, e chi ne ha bisogno è davanti ai tuoi occhi giorno dopo giorno! Ieri al loro arrivo ho provato questo e ho letto nello sguardo delle mie colleghe le stesse emozioni, mi sono specchiato negli occhi di Clara, di Elina: eravamo uniti dagli stessi sentimenti. Tutto questo nello spazio di una ventina di secondi, perché ripensandoci bene quell’abbraccio a Elisei è durato più o meno cosi. Giusto il tempo di portarlo dal portone all’ufficio. Sono stati solo 20 secondi ma a ripensarci mi commuovo ancora.
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